Dichiarazione dei redditi e conti correnti: cosa si deve dichiarare?

Questo periodo dell’anno non corrisponde solo con l’inizio della bella stagione, ma anche con qualcosa di meno piacevole che mette sempre un po’ di angoscia: la dichiarazione dei redditi. Sia che tu debba presentare il modello precompilato 730 o effettuare una dichiarazione da libero professionista, quel momento in cui ti rechi dal commercialista o dal tuo CAF di fiducia è sempre ricco di ansie e dubbi su ciò che devi dichiarare per essere in regola con il fisco. Uno dei subbi su cui si effettuano più ricerche online è la dichiarazione dei conti correnti. Cosa si deve fare? Vanno dichiarati oppure il fisco ne è già a conoscenza? Vediamo insieme di chiarire alcuni dei dubbi più comuni a riguardo.

Conti correnti italiani: cosa devi sapere per la dichiarazione dei redditi

Forse non ci hai mai pensato, ma è un dubbio che assale molti in questo periodo dell’anno: i conti vanno dichiarati? Come lo devo fare?

In linea generale, per un residente fiscale italiano, quando si apre un conto corrente bancario o postale presso un ente con sede sul territorio nazionale, non ci sono obblighi di dichiarazione.

In questo caso è l’Anagrafe dei Conti Correnti, un registro telematico nazionale, a tenere traccia di tutte le operazioni e a comunicare con l’Agenzia delle Entrate, che è quindi sempre aggiornata sui conti attivi e ha accesso alla tracciabilità di tutte le nostre operazioni.

Quindi non ci sono obblighi di comunicazione ulteriore in fase di dichiarazione dei redditi, poiché le autorità sono già a conoscenza di tutto.

Ma come funziona con i conti esteri?

Conti correnti esteri e dichiarazione al fisco: cosa si deve fare?

Negli ultimi anni si sono moltiplicate le possibilità di aprire conti correnti online con banche che hanno sede legale all’estero e propongono tassi e canoni molto vantaggiosi.

Questo ha aumentato considerevolmente il numero di utenti che dispongono di conti presso banche fuori dai confini, lasciando però spesso molti dubbi sugli obblighi di legge in merito.

Su questo aspetto ci sono due limiti da tenere a mente quando si possiede uno o più conti all’estero.

Ma facciamo un passo indietro.

Le persone fisiche, gli enti non commerciali e le società semplici fiscalmente residenti in Italia, ai sensi dell’articolo 2 e 5 del DPR n. 917/86 (TUIR), sono tenute a rispettare gli obblighi previsti dalla disciplina sul monitoraggio fiscale delle attività finanziarie estere.

Questi soggetti, nel momento in cui entrano in possesso di un’attività finanziaria (conto corrente, azioni, obbligazioni, ecc.) in un Paese diverso dal proprio, sono tenuti a verificare il rispetto di questa disciplina fiscale.

Con riferimento ai conti correnti, nel quadro RW del modello Redditi deve essere riportato il valore degli investimenti esteri e delle attività estere di natura finanziaria che possono produrre redditi imponibili in Italia.

Nello specifico, per quanto riguarda i conti correnti, i limiti da tenere a mente sono due:

  • 15.000 euro: secondo l’articolo 2, comma 4-bis, del D.L. n. 4/2014 (convertito in Legge n. 50/2014, modificato dalla Legge n. 186/2014) esiste l’obbligo di monitoraggio per i conti correnti esteri che superino la soglia dei 15.000 euro. Questo limite non deve essere superato nemmeno per un giorno dell’anno per non dover essere soggetto al monitoraggio. In caso contrario, deve essere compilato il quadro RW del modello Redditi P.F;
  • 5.000 euro: superando la soglia dei 5.000 euro anche solo per un giorno è comunque necessario compilare il quadro RW ma questa volta ai soli fini del calcolo IVAFE (imposta patrimoniale sulle attività finanziarie detenute all’estero).

Riassumendo:

  • se si possiede un conto all’estero la cui giacenza non ha mai superato i 5.000 euro nemmeno per un giorno, questo non va dichiarato;
  • se, invece, si ha un conto all’estero che ha superato almeno un giorno i 5.000 euro, questo andrà dichiarato ai soli fini del pagamento dell’IVAFE (34,20 euro per tutti i conti di persone residenti in Paesi appartenenti alla white list);
  • nel caso in cui si abbia un conto all’estero la cui giacenza abbia superato almeno per un giorno i 15.000 euro, questo andrà dichiarato sia ai fini del pagamento IVAFE che per il monitoraggio fiscale.

PayPal va dichiarato come conto all’estero?

Abbiamo capito che per i conti esteri quello che fa la differenza è la giacenza presente, ma come funziona per i metodi di pagamento alternativi come PayPal e simili?

PayPal è diventato leader nei pagamenti digitali a livello globale proprio per la sua estrema flessibilità e comodità di utilizzo: viene utilizzato per ricevere compensi per collaborazioni con soggetti esteri, compravendita di beni usati, invio di denaro all’estero, ma viene anche largamente usato anche nel campo ludico, come si può vedere dai molti siti scommesse con PayPal come metodo di pagamento e prelievo.

Ciò lo rende un attore di primo piano nei pagamenti digitali, responsabile di spostare quantità di denaro davvero importanti in tutto il mondo.

È quindi lecita la domanda che ci si pone: si deve dichiarare il conto PayPal?

Partendo dal presupposto che PayPal è a tutti gli effetti un ente di pagamenti online estero per un residente fiscale italiano, le opzioni sono due.

Alcuni professionisti della fiscalità lo considerano alla stregua di un conto corrente estero per cui varrebbero quindi le regole viste sopra (dichiarazione sopra i 5.000 euro per il pagamento IVAFE e oltre i 15.000 euro per il monitoraggio fiscale).

Mentre altri considerano PayPal una piattaforma di transazioni e non un vero e proprio conto corrente: secondo questa visione non sussisterebbe quindi la necessità di dichiarare il conto nel quadro RW.

Comunque lo si voglia considerare, si consiglia sempre di chiedere il parere del proprio commercialista, tuttavia, vogliamo ricordare che che l’Agenzia delle Entrate può decidere in qualsiasi momento di monitorare un conto o wallet estero in caso di attività sospette, a prescindere che questo sia stato o meno dichiarato al Fisco.

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